Per maggiori info, clicca qui.
2. Dopo la recente scomparsa di Delfina Vezzoli, mi accosto al mondo dei traduttori ancor più in punta di piedi. Già, perché anche questa volta farò ricorso all'aiuto di una traduttrice strepitosa per parlare di un'opera il cui autore è morto, purtroppo, già nel 1987.
Lei è Daria Biagi. Forse un po' timida, certamente gentile, mi ha accordato un'intervista scritta che riporto di seguito al fine d'intuire (almeno intuirle) le difficoltà poste dall'approccio a un testo semplice solo in apparenza, come afferma lei stessa.
Questo è un romanzo fatto di stambugi, di buchi e di celle, di tentativi di non soccombere, e di paura. Paura di non farcela.
Il romanzo mi è stato consigliato tempo fa dal direttore della Libreria Verso, lo scrittore Davide Mosca.
Ragazzi, fidatevi dei vostri librai indipendenti!
Ecco a voi l'intervista:
1TsS.:
"Materia Prima" è stato pubblicato in Germania nel 1984, ma è arrivato in Italia solo adesso. Capita spesso ed è capitato già in passato che capolavori della letteratura straniera siano arrivati con molto ritardo ai lettori italiani. Un lato positivo di questo ritardo è sicuramente la possibilità di riceverlo con una Sua traduzione e postfazione molto curata.
D.B.:
1TsS.:
"Materia Prima" è definito oggi "capolavoro della controcultura tedesca" a dispetto della critica contemporanea all'autore che l'aveva stroncata. Il romanzo è molto denso, ricco di rimandi e citazioni. Come ha accolto la richiesta di traduzione da parte dell'editore?
D.B.:
Con totale incoscienza. Alla lettura il romanzo sembra – era sembrato anche a me – molto più semplice di quanto non sia in realtà, sia dal punto di vista della lingua che del ‘contesto di genere’, citazioni eccetera. Mi sono resa conto del guaio in cui mi ero cacciata solo quando ho iniziato davvero a tradurre.
1TsS.:
Quanta fatica Le ha richiesto in termini di tempo e di ricerche, e dall'altra parte quanto si è divertita (qualche aneddoto riguardo a espressioni particolarmente ardue da rendere in italiano)?
D.B.:
1TsS.:
Per questo lavoro si è confrontata anche con i traduttori che hanno curato le edizioni pubblicate in altri Paesi?
D.B.:
No. Ho letto alcuni capitoli dell’edizione inglese.
1TsS.:.
Qual è l'aspetto della narrativa di J.F. che ha ritenuto dovesse giungere a tutti i costi al lettore nel pieno della propria potenza?
D.B.:
L’autoironia, un’ironia al limite dell’autodistruzione. Soprattutto perché senza di essa molti passaggi del libro rischiavano di diventare moralistici o nostalgici. Il narratore prende le distanze un po’ da tutti gli ambienti che racconta e contemporaneamente Harry Gelb e compagni sono sempre serissimi, come per esempio nella scena in cui mettono in piedi la rivista “politicamente scomoda”. È come se l’azione fosse vista da dentro e da fuori allo stesso tempo. In altri casi è un’ironia fatta di elementi legati al contesto locale, minimi: quando Gelb decide di chiamare il suo secondo libro Schmargendorf City Blues già il titolo si porta dietro tutto l’equivoco di cui è vittima il personaggio, che si comporta come se vivesse a Chicago o a New York mentre tutto si svolge a Schmargendorf, un quartiere semisconosciuto di Berlino ovest. Ma la forza del romanzo sta qui, in questa specie di “prendersi in giro seriamente”.
1TsS.:
La struttura e il ritmo dell'opera sembrano essere costruiti su note blues. Ho trovato tanti "diavoli blu" fra i personaggi di questa storia... (una riflessione)
D.B.:
Sì, ma diavoli blu di Schmargendorf, appunto.
1TsS.:
Qual è la caratteristica della scrittura di J.F. che più ha reso e rende in generale difficoltosa la sua traduzione?
D.B.:
Il fatto che molte frasi sono volontariamente storte, anche “brutte”. Quando si vuole parlare bene di una traduzione si dice sempre che scorre, che fila. Il problema è che non tutti i romanzi “filano”, e renderli scorrevoli li snatura. Fauser fa di tutto perché la sua scrittura non risulti ricercata, perché il tono sia sempre come improvvisato, a volte anche sciatto – per esempio nei dialoghi, che sono tutto un “lui disse”, “lei disse”, “lui disse”, come nei gialli americani degli anni Sessanta che lui amava. Era difficile trovare un equilibrio: uno scrittore può permettersi questa libertà, per un traduttore è più complicato. Non ne sarei venuta a capo senza il lavoro di revisione, che è qualcosa di invisibile eppure indispensabile: il revisore – che in questo caso è poi anche l’editore del libro – aveva a volte idee diverse dalle mie, e molte soluzioni sono nate dalla discussione, dal disaccordo.
1TsS.:
Il mondo descritto da J.F. è un luogo spesso avvilente, nessuna fatina disposta a realizzare i tuoi desideri, e la serenità di una vita tranquilla è sotto attacco, in continuazione. Non ci sono ideali politici che tengano. L'unico valore universale per il protagonista è la scrittura. Potrebbe essere lei la vera protagonista di questa storia?
D.B.:
Immagino che su questo ogni lettore possa dire la sua. Per Fauser la scrittura rientra comunque in quell’impasto di materiali grezzi che sono una specie di cosa unica, quello che chiama Rohstoff, la materia grezza, la ‘roba’ di cui si scrive, la droga, la concretezza, il groviglio da cui partire insomma.
1TsS.:
Però sono molti anche i momenti in cui si ride, anche se spesso di un riso amaro, volto anch'esso a mettere in evidenza la disperazione dell'uomo e la sua volontà di sopravvivere, sempre e comunque. Sarebbe giusto affermare che J.F. ha ritratto la natura vera della vita?
D.B.:
Il libro è comico in molti punti, e in effetti è qualcosa che ha a che fare con una volontà quasi ottusa di rimanere in vita a ogni costo. Se poi questa sia la vera natura della vita… temo di saperne quanto lei.
1TsS.:
Questo romanzo fa parte della prima produzione di J. F., che da un certo punto in poi della sua carriera si è dedicato a un genere più vicino a quello della così detta Detective Fiction, ma anche Pulp. Quanto cambia la scrittura di un autore negli anni! Chissà se JF avrebbe mai ammesso di aver trovato finalmente il proprio "posto/ruolo nel mondo"...
- Toni sotto: * (perché alla fine del volume non ci sono abbastanza pagine bianche per prendere appunti)
- Toni sopra: *****
- Le citazioni trascritte sul mio diario: a) "Eccoci qua, noi falliti, a tenere d'occhio la proprietà altrui senza essere capaci di tener d'occhio neanche noi stessi"; b) "Io, però, avevo bisogno di materiale per scrivere"; c) "Un lupo solitario con gli occhi iniettati di sangue, e con quelli andava alla ricerca di una possibilità di sopravvivenza in un mondo che da tempo gli aveva fatto capire che tutte le possibilità erano finite."; d) "Immaginavo che arebbe stata dura per me, ma nessuno viene al mondo già scrittore. Scrittori si diventa."; e) "Io volevo smettere di scrivere una volta per tutte. Mi sembrava [...] uno sforzo decisamente presuntuoso di mettere tra me e le cose che ogni giorni mi si presentavano di fronte una terra di mezzo, un mercato nero di sentimenti, valori, deisderi [...] ogni frase che ostentasse di avere qualcosa da dire riusciva solo a risultare volgaree ridicola allo stesso tempo. E poi volevo combinare qualcosa nella vita"; f) "Com'è che diceva Faulkner? 'Rapinerei mia nonna, se mi servisse a scrivere'".
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi commentare qui