mercoledì 27 dicembre 2017

La Passione secondo Brane Mozetič

1. "Passion", Brane Mozetič, Zoe ed., 2007, traduzione di Michele Obit, euro 9,80 
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2. Ho scoperto Brane Mozetič in un periodo nero della mia vita. 
Nei suoi libri "Passion" e "Parole che bruciano" ho trovato un appiglio. Grazie a lui ho smaltito parte del mio dolore in un processo lento di catarsi letteraria.
Mozetič ha un fuoco dentro che brucia, appunto, come le parole appassionate dei suoi racconti e delle sue poesie, ed è contagioso.
Trovo che le sue opere (parliamo delle opere per i più grandi, perché in questi ultimi anni si è occupato anche di libri per bambini come "Il coniglio di Alja", Asterios Editore, Trieste, 2016 e "Com’è verde il mondo senza le bombe della guerra", Asterios Editore, traduzione di Sabina Trzan, 2016) possano aiutare alcuni di noi a lottare contro la solitudine, sebbene Manuele Masini sia di tutt'altra idea e ritenga che: "la speranza di una memoria possibile e confortante sia una lotta persa in partenza che ogni giorno continuiamo a combattere. Le parole, più che ricordarcelo, ce lo ridicono ogni volta, ma ogni volta è un’altra, e siamo sempre altri quando parliamo di noi. Ci vivisezioniamo a vicenda, e mutiliamo noi stessi. La dissipazione un vortice senza ritorno."
Ancora, a proposito della scrittura di Mozetič, scrive Matteo Colombi su "eSamizdat": "A volte l’io lirico modella il tema dell’istinto e dell’animalità e la loro relazione col sesso [...]. L’ambivalenza di questo tema costituisce per Mozetic un importante spunto poetico. Nelle sue opere istinto e animalità sono associati al desiderio della natura vista come spazio per un (forse impossibile) modus vivendi libero e sano [...], altre volte si legano alla rappresentazione della violenza come momento fondamentale dell’attrazione e della pratica sessuale [...]. L’esperienza del sesso si contraddistingue per una grande multiformità. Come una calamita, il sesso sembra attirare tutto a sé e poter contenere tutto in sé: gioia, sollievo, purificazione, dolore, morte, spleen e noia. Ecco cosa ha raccontato Mozetič delle sue opere, del suo modo di lavorare e tanto altro (sottotili in italiano)



Toni sotto: *
Toni sopra: ****
Quotes I wrote down in my diary: a) "Come una volta, nel passato, quando non c’era / ancora la paura, e la solitudine non era affatto / gelida e nemmeno il desiderio così straziante"; b) "Che tormento! Darei dei chilometri perché tu smettessi di fare così. E ritrattassi quelle parole"; c) "A notte alta, quando non sai, penetro furtivamente nella camera, mi avvicino in silenzio e a lume di candela contemplo il tuo viso come uno sciamano ti impongo le mani quando non sai, non senti, quando non puoi respingermi, mi sdraio e mi stringo a te leggermente, per non svegliarti in quegli istanti penso beato che ancora non ci sono questioni, ne dubbi ´ che scorriamo come un fiume attraverso il tempo fusi insieme, che nelle profondità ci sono ancora pesci e nel cavo di una mano le bocche bevono di gusto lentamente, seriamente, come fosse un rito";

3. Brane Mozetič si è laureato in letterature comparate all’Università di Ljubljana, città in cui vive come scrittore di romanzi e racconti, poeta, traduttore di Rimbaud, Genet, Foucault, Maalouf e Brossard, e anche editore. A lungo è stato un attivista, nel senso che ha lottato per la rivendicazione dei diritti civili della comunità LGBT. È anche direttore del Center for Slovenian Literature. Ha vinto diversi premi letterari fra cui il FALGWE. In Slovenia si è guadagnato la nomea di "personaggio eccentrico" per cui non vedevo l'ora di parlare con lui ma allo stesso ero molto spaventato. Adesso posso scriverlo, che non ne avevo alcun motivo.

Le opere pubblicate in Italiano:
Parole che bruciano / Besede, ki žgejo, Mobydick, Faenza 2002 (poetry)
Passion, ZOE edizioni, Forli 2007 (short stories)
Farfalle, Edizioni ETS/Alleo, Pisa 2009, (poetry)
Storia perduta, Beit Casa Editrice, Trieste 2010 (novel)
Banalità, Edizioni del Leone, Venezia 2011, (poetry)
Il coniglio di Alja, Asterios Editore, Trieste 2016 (picture book for children)
Com’è verde il mondo senza le bombe della guerra, Asterios Editore, Trieste 2016 (picture book for children)
forthcomingPrimo amore, Asterios Editore, Trieste 2018 (picture book for children)

lunedì 18 dicembre 2017

Nel favoloso mondo di Akutagawa Ryūnosuke, con Alessandro Tardito

1. "Kappa e altre storie", Akutagawa Ryūnosuke, Atmosphere Libri, Asia Sphere, 2017, traduzione di Alessandro Tardito, euro 16,00
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2. Alessandro Tardito è il traduttore dal giapponese di questa nuova raccolta di racconti scritti da Akutagawa Ryūnosuke, inediti in Italia (a parte "I Kappa" naturalmente). Akutagawa ne ha scritti forse più di un centinaio e quelli che ho letto secondo me sono perfetti nella loro brevità.
La prima raccolta è stata pubblicata sempre da Atmosphere con il titolo "La scena dell'inferno e altri racconti".
I racconti di Ryūnosuke sono quanto di più inaspettato credo potesse uscire dalla penna di un autore del Sol Levante, così maledettamente giappo, ma anche così occidentale nelle descrizioni delle case e locali, con tanto di sedie e di tavoli, whiskey, etc.. ma dove non mancano i noren, le tipiche tende usate come insegne di negozi, che per un animale ignorante come me fanno tanto ristorante di Marrabbio (lo zio di "Kiss me Licia"). Ma non solo. Ci sono santi e Madonne, riferimenti a Dostojevskij, Michelangelo e Raffaello, osservazioni sulla compiutezza delle opere d'arte, sull'importanza del contenuto e della forma in letteratura, sull'arroganza dell'essere umano... Il tutto accompagnato da un certo cinismo che te lo raccomando (Ryūnosuke è morto suicida ingoiando un'overdose di barbiturici).
Tutti i racconti coinvolgono, trascinano dentro la storia e dentro i suoi mondi favolosi, come quello dei Kappa, senza esitazione e così, arrivato alla fine del volume, avrei voluto leggerne ancora. 
Ma sentiamo cosa ne pensa il traduttore:



Toni sotto
Toni sopra: ****
Alcune citazioni trascritte sul mio diario: a) "Non voglio nascere. Ho paura di ereditare qualche malattia mentale da mio padre"; b) "Oggi [...] abbiamo imparato una cosa: i re neri e malvagi come diavoli e principi con tre tesori magici esistono solo nelle favole. E abbiamo imparato che non possiamo ostinarci a voler vivere nei paesi delle favole. Davanti a noi è emerso dalla nebbia un mondo molto più vasto. Lasciamoci alle spalle questo mondo di rose e fontane e andiamo a scoprire il nuovo mondo insieme. Che sia un mondo di gioia o tristezza, questo non possiamo saperlo. L'unica cosa che sappiamo è che avanziamo verso di esso, insieme, proprio come un manipolo di bravi soldati"; c) "L'artista deve puntare alla compiutezza dell'opera più di ogni altra cosa. Altrimenti mettersi al servizio dell'arte perde ogni significato. [...] Nel votarci all'arte, le nostre opere devono innanzi tutto possedere lo spirito artistico. E per questo non c'è altra strada che non sia quella della compiutezza"; d) "La cosa importante è essere ben consapevoli che non possiamo fidarci nemmeno di noi stessi: Gli unici di cui possiamo fidarci sono quelli che lo hanno capito."

3. Alessandro Tardito ha tutta l'aria di un ragazzo a posto, simpatico e disponibile. Italiano (piemontese), traduttore dal giapponese, vive in Germania dove lavora per "Nintendo". 
Si vede che sa il fatto suo.
Ci piace.

martedì 12 dicembre 2017

In sostanza, jÖrg Fauser


1. "Materia prima", di Jörg Fauser, L'Orma Editore, 2017, traduzione di Daria Biagi, euro 14,40. 
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2. Dopo la recente scomparsa di Delfina Vezzoli, mi accosto al mondo dei traduttori ancor più in punta di piedi. Già, perché anche questa volta farò ricorso all'aiuto di una traduttrice strepitosa per parlare di un'opera il cui autore è morto, purtroppo, già nel 1987. 
Lei è Daria Biagi. Forse un po' timida, certamente gentile, mi ha accordato un'intervista scritta che riporto di seguito al fine d'intuire (almeno intuirle) le difficoltà poste dall'approccio a un testo semplice solo in apparenza, come afferma lei stessa. 
Questo è un romanzo fatto di stambugi, di buchi e di celle, di tentativi di non soccombere, e di paura. Paura di non farcela.
Il romanzo mi è stato consigliato tempo fa dal direttore della Libreria Verso, lo scrittore Davide Mosca. 
Ragazzi, fidatevi dei vostri librai indipendenti!

Ecco a voi l'intervista:

1TsS.:

 "Materia Prima" è stato pubblicato in Germania nel 1984, ma è arrivato in Italia solo adesso. Capita spesso ed è capitato già in passato che capolavori della letteratura straniera siano arrivati con molto ritardo ai lettori italiani. Un lato positivo di questo ritardo è sicuramente la possibilità di riceverlo con una Sua traduzione e postfazione molto curata. 

D.B.:

Non so se parlerei davvero di ritardo, tutto sommato le traduzioni sono più l’eccezione che la norma. Perché un libro venga tradotto devono crearsi molte condizioni – a cominciare dal fatto che qualcuno se ne deve interessare, un editore, un traduttore, magari uno scrittore. I contesti letterari sono diversi da paese a paese, non seguono necessariamente gli stessi filoni d’interesse nello stesso momento. Nel caso di Materia prima immagino abbia avuto un peso il fatto che Fauser è stato a lungo anche in Germania uno scrittore amato da pochi, estraneo ai circuiti dell’industria culturale che rendono più automatica la selezione dei libri da tradurre. E per i lettori italiani il romanzo aveva l’aggravante di rientrare nel panorama della letteratura tedesca, che soffre dello stereotipo di essere sempre e comunque pesante.

1TsS.:

 "Materia Prima" è definito oggi "capolavoro della controcultura tedesca" a dispetto della critica contemporanea all'autore che l'aveva stroncata. Il romanzo è molto denso, ricco di rimandi e citazioni. Come ha accolto la richiesta di traduzione da parte dell'editore?

D.B.:

 Con totale incoscienza. Alla lettura il romanzo sembra – era sembrato anche a me – molto più semplice di quanto non sia in realtà, sia dal punto di vista della lingua che del ‘contesto di genere’, citazioni eccetera. Mi sono resa conto del guaio in cui mi ero cacciata solo quando ho iniziato davvero a tradurre.

1TsS.: 

Quanta fatica Le ha richiesto in termini di tempo e di ricerche, e dall'altra parte quanto si è divertita (qualche aneddoto riguardo a espressioni particolarmente ardue da rendere in italiano)?

D.B.:

 La ricerca è la parte più interessante del lavoro di traduzione, quando si ha la possibilità di farla. Ho avuto la fortuna di svolgerne una parte in Germania, grazie a una borsa del Literarisches Colloquium di Berlino. Le conversazioni con Alexander Wewerka, l’editore tedesco di Fauser, e con Matthias Penzel, che insieme ad Ambros Waibel ha scritto una sua biografia, sono state indispensabili per risolvere molti dubbi relativi al contesto del tempo, quello studentesco e quello delle case occupate. La ricerca serve soprattutto a ri-immaginare il mondo in cui una storia si svolge. C’è per esempio un personaggio minore, Bramstein, il Germanistikstudent che aiuta Harry Gelb con la rivista underground: sarebbe uno “studente di germanistica/di letteratura tedesca”, ma in traduzione è sempre lo “studente di lettere”, perché il mondo che deve far venire in mente è quello che associamo automaticamente a questa definizione (Bramstein è pallido, ha i capelli lunghi, scrive poesie). Alcuni termini erano complicati da rendere perché legati a un contesto locale molto preciso, come il berlinese Kodderschnauze di cui ho parlato nella postfazione (alla lettera qualcuno che ti guarda o risponde male senza motivo, “Schnauze” è un brutto muso, un grugno), una parola che basta da sola a evocare scenari di truci scontrosità metropolitane (nella mia traduzione mentale era molto prossimo al concetto romano di “me sta a imbruttì”). Il lavoro sull’italiano ha richiesto altrettanto tempo. Fauser è precisissimo, ad esempio, con tutto quello che riguarda l’uso delle droghe, i nomi, gli effetti. Un lessico adeguato serviva per le descrizioni di Istanbul, dove un “Teehaus” non poteva diventare una “sala da tè”, che fa pensare a qualcosa di molto più elegante. Molte ricerche si possono fare su internet ormai, ma alla fine un traduttore deve anche andare in giro a fare domande “strane” a chi usa quotidianamente certi linguaggi, e questa è una parte curiosa del lavoro, obbligarsi e obbligare gli altri a riflettere su parole ed espressioni che sono ovvie solo finché non ci si pensa.

1TsS.:

 Per questo lavoro si è confrontata anche con i traduttori che hanno curato le edizioni pubblicate in altri Paesi?

D.B.:

 No. Ho letto alcuni capitoli dell’edizione inglese.

1TsS.:.

Qual è l'aspetto della narrativa di J.F. che ha ritenuto dovesse giungere a tutti i costi al lettore nel pieno della propria potenza?

D.B.:

 L’autoironia, un’ironia al limite dell’autodistruzione. Soprattutto perché senza di essa molti passaggi del libro rischiavano di diventare moralistici o nostalgici. Il narratore prende le distanze un po’ da tutti gli ambienti che racconta e contemporaneamente Harry Gelb e compagni sono sempre serissimi, come per esempio nella scena in cui mettono in piedi la rivista “politicamente scomoda”. È come se l’azione fosse vista da dentro e da fuori allo stesso tempo. In altri casi è un’ironia fatta di elementi legati al contesto locale, minimi: quando Gelb decide di chiamare il suo secondo libro Schmargendorf City Blues già il titolo si porta dietro tutto l’equivoco di cui è vittima il personaggio, che si comporta come se vivesse a Chicago o a New York mentre tutto si svolge a Schmargendorf, un quartiere semisconosciuto di Berlino ovest. Ma la forza del romanzo sta qui, in questa specie di “prendersi in giro seriamente”.

1TsS.:

 La struttura e il ritmo dell'opera sembrano essere costruiti su note blues. Ho trovato tanti "diavoli blu" fra i personaggi di questa storia... (una riflessione)

D.B.:

 Sì, ma diavoli blu di Schmargendorf, appunto.

1TsS.:

 Qual è la caratteristica della scrittura di J.F. che più ha reso e rende in generale difficoltosa la sua traduzione?

D.B.:

 Il fatto che molte frasi sono volontariamente storte, anche “brutte”. Quando si vuole parlare bene di una traduzione si dice sempre che scorre, che fila. Il problema è che non tutti i romanzi “filano”, e renderli scorrevoli li snatura. Fauser fa di tutto perché la sua scrittura non risulti ricercata, perché il tono sia sempre come improvvisato, a volte anche sciatto – per esempio nei dialoghi, che sono tutto un “lui disse”, “lei disse”, “lui disse”, come nei gialli americani degli anni Sessanta che lui amava. Era difficile trovare un equilibrio: uno scrittore può permettersi questa libertà, per un traduttore è più complicato. Non ne sarei venuta a capo senza il lavoro di revisione, che è qualcosa di invisibile eppure indispensabile: il revisore – che in questo caso è poi anche l’editore del libro – aveva a volte idee diverse dalle mie, e molte soluzioni sono nate dalla discussione, dal disaccordo.

1TsS.:

 Il mondo descritto da J.F. è un luogo spesso avvilente, nessuna fatina disposta a realizzare i tuoi desideri, e la serenità di una vita tranquilla è sotto attacco, in continuazione. Non ci sono ideali politici che tengano. L'unico valore universale per il protagonista è la scrittura. Potrebbe essere lei la vera protagonista di questa storia?

D.B.:

 Immagino che su questo ogni lettore possa dire la sua. Per Fauser la scrittura rientra comunque in quell’impasto di materiali grezzi che sono una specie di cosa unica, quello che chiama Rohstoff, la materia grezza, la ‘roba’ di cui si scrive, la droga, la concretezza, il groviglio da cui partire insomma.

1TsS.:

 Però sono molti anche i momenti in cui si ride, anche se spesso di un riso amaro, volto anch'esso a mettere in evidenza la disperazione dell'uomo e la sua volontà di sopravvivere, sempre e comunque. Sarebbe giusto affermare che J.F. ha ritratto la natura vera della vita?

D.B.:

 Il libro è comico in molti punti, e in effetti è qualcosa che ha a che fare con una volontà quasi ottusa di rimanere in vita a ogni costo. Se poi questa sia la vera natura della vita… temo di saperne quanto lei.

1TsS.:

Questo romanzo fa parte della prima produzione di J. F., che da un certo punto in poi della sua carriera si è dedicato a un genere più vicino a quello della così detta Detective Fiction, ma anche Pulp. Quanto cambia la scrittura di un autore negli anni! Chissà se JF avrebbe mai ammesso di aver trovato finalmente il proprio "posto/ruolo nel mondo"...

Toni sotto: * (perché alla fine del volume non ci sono abbastanza pagine bianche per prendere appunti)
Toni sopra: *****
- Le citazioni trascritte sul mio diario: a) "Eccoci qua, noi falliti, a tenere d'occhio la proprietà altrui senza essere capaci di tener d'occhio neanche noi stessi"; b) "Io, però, avevo bisogno di materiale per scrivere"; c) "Un lupo solitario con gli occhi iniettati di sangue, e con quelli andava alla ricerca di una possibilità di sopravvivenza in un mondo che da tempo gli aveva fatto capire che tutte le possibilità erano finite."; d) "Immaginavo che arebbe stata dura per me, ma nessuno viene al mondo già scrittore. Scrittori si diventa."; e) "Io volevo smettere di scrivere una volta per tutte. Mi sembrava [...] uno sforzo decisamente presuntuoso di mettere tra me e le cose che ogni giorni mi si presentavano di fronte una terra di mezzo, un mercato nero di sentimenti, valori, deisderi [...] ogni frase che ostentasse di avere qualcosa da dire riusciva solo a risultare volgaree ridicola allo stesso tempo. E poi volevo combinare qualcosa nella vita"; f) "Com'è che diceva Faulkner? 'Rapinerei mia nonna, se mi servisse a scrivere'".

domenica 1 ottobre 2017

Alexander Genis: 100 anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre

Alexander Genis è uno scrittore nato nella Lettonia sovietica ed emigrato negli Stati Uniti nel 1977. Collaboratore del principale quotidiano liberale russo "Novaja Gazeta", critico culturale e conduttore radiofonico di Radio Svaboda (Radio Libertà), Radio Free Europe, Radio Liberty.
Ho inseguito Genis per mesi, spesso abbiamo avuto problemi di collegamento e mi spiace che, anche quando finalmente siamo riusciti a registrare questa video-intervista, la linea ha reso difficoltoso l'audio in entrata.
Genis è un uomo di una pazienza infinita, disponibile, e la letteratura occupa il suo cuore. Ha scritto più di una dozzina di libri che sono bestseller non-fiction in Russia, nonostante lui sia oggi residente in New Jersey. Ricordo il ciclo che rende su carta la sua propria vita, come ha ammesso lui stesso: “Kamasutra Knižnika”, AST 2013 (“The reading Lessons. Kamasutra scribe"); "Obratnyj Adres", AST 2016 (letteralmente "Indirizzo di ritorno");  "Kartinki s vystavki" (letteralmente "Quadri d'esposizione").  
E speriamo che presto qualcuno deciderà di tradurli anche in Italia.

Altri titoli di A. Genis
Red bread ; Knit; Darkness and Stillness; 6 Fingers; Candy Wrappers; Ginger-man ; The Tower of Babel ; Dovlatov and his Environs; Ivan Petrovich is dead; Ticket to China; A Particular Case; Portrait of the Poet: 1978–1996 : Joseph Brodsky; Kосмополит. Географические фантазии (Cosmopolita. Fantasie geografiche)

Genis è citato spesso nei lavori di docenti italiani che sono dedicati alla storia e alla critica della letteratura russa, come nell'opera di Mauro Martini, coautore del volume "Russian Postmodernism: New Perspectives on Post-Sovietic Culture" insieme a Mikhail N. Epstein e Slobodanka Vladiv-Gloverc).
Se nel frattempo volete leggere la traduzione di qualche articolo di Genis, potete cliccare sul link del sito RBTH qui
In occasione del centenario della Rivoluzione d'Ottobre, con Alexander Genis ho chiacchierato del suo lavoro di scrittore e della letteratura russa contemporanea, con qualche accenno a Vladimir Sorokin






Ancora, di seguito il mio consiglio di lettura in occasione dell'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre: Evgenij Zamjatin, scrittore anti-utopico, anticipatore di Huxley e Orwell, "profeta" russo. Titolo: "A casa del diavolo", MUP, 2012, trad. Raffaello Fontanella, euro 13,00.
Per maggiori info clicca qui.


Tutti gli indizi portano a credere che Evgenij Ivanovič Zamjatin sia stato uno di quei tipi che non te le manda a dire.
È famoso l’episodio di quando, ancora un bambino debole e fiacco, decise di irrobustirsi nascondendo ai genitori il morso di un cane idrofobo, in modo da poter notare con calma ciò che avrebbe provato nel periodo d'incubazione dell'infezione.  
Ultimati gli studi in Finlandia, Zamjatin si affermò come ingegnere navale. Era tenuto in gran conto, tanto che nel 1916 il governo zarista lo spedì a Newcastle upon Tyne per supervisionare la costruzione di una delle rompighiaccio russe più potenti.
Ne consegue che fosse un tipo abituato a pianificare e a programmare, insomma a guardare avanti, a ragionare in termini di strategie e, in quanto surveyor appunto, a controllare anche il lavoro altrui, di cui era responsabile.
E poi scriveva.
Il soggiorno in Inghilterra, per esempio, si riversò tutto nel racconto “Gli isolani” (Ostrovitjane) scritto nel 1917; nel racconto “Il pescatore di uomini” (Lovec čelovekov) scritto fra il 1917 e 1918, e nell’adattamento teatrale de Gli isolani” dal titolo “La società degli onorevoli campanari” (Obšestvo Početnych Zvonarej) scritto nel 1924.
Zamjatin, che si era unito ai bolscevichi quand’era ancora uno studente, a San Pietroburgo, rientrò dall’Inghilterra nel 1917, a rivoluzione fatta, probabilmente tutto proteso in avanti alla maniera di un bompresso e con la stessa agitazione nel petto che già nel 1905 lo aveva spinto a prendere parte alla rivoluzione di gennaio, per cui era stato arrestato e, quindi, esiliato, mentre V. I. Lenin scriveva per il numero 12 della rivista “Vita Nuova” (Novaja Žizn’ , pp. 99-105) l’articolo dal titolo “Organizzazione di partito e letteratura di partito” (Partijnaja organizacija i partjnaja literatura): «Il partito è un’associazione di volontariato […] Ognuno è libero di scrivere e di dire quello che vuole, senza alcuna restrizione. Ma anche ogni associazione di volontariato […] è libera di espellere i membri che ne usano il nome per sostenere punti di vista anti-partito. Libertà di parola e di stampa devono essere totali. Ma anche la libertà di associazione lo deve essere. […] E allora al lavoro, compagni! Abbiamo davanti a noi un compito nuovo e difficoltoso, ma bello e gratificante – organizzare una letteratura ampia, versatile, varia che sia in stretta e inscindibile relazione con il movimento social-democratico. Tutta la letteratura socialdemocratica dovrebbe diventare di partito. Tutti i giornali, le riviste, le case editrici, e così via. […] Solo allora la letteratura “socialdemocratica” sarà tale» e così via.
"A casa del diavolo" è solo uno dei lavori di questo autore in risposta all'idea di letteratura che il regime sovietico voleva imporre ai suoi scrittori.

martedì 19 settembre 2017

Gianluca Coci presenta: Abe Kōbō.

1. "Il quaderno canguro", Kōbō Abe, Atmosphere Libri, Asia Sphere, 2016, traduzione di Gianluca Coci, euro 12,75
Per maggiori info, clicca qui

2. Oggi ho deciso di chiedere aiuto al prof. Gianluca Coci, affinché possa renderci più chiaro il lavoro di un autore asiatico in particolare, del tutto sui generis come Abe Kōbō. 
Gianluca Coci è professore associato presso il dipartimento di Lingue e Letterature del Giappone e della Korea all’Università degli Studi di Torino. Iamatologo e traduttore, fra gli altri, del premio Nobel Kenzaburo Oe, Natsuo Kirino, Randy Taguchi, ma non solo.
Nel 2009 ha vinto il Premio Mario e Guglielmo Scalise per la traduzione letteraria dal giapponese. Non in ultimo è direttore della collana editoriale Asiasphere (editore Atmosphere libri, Roma), dedicata alla narrativa dell’Asia orientale e del Sudest asiatico.
Abe Kōbō è stato paragonato spesso a Franz Kafka per importanza e per tecnica narrativa. A me sinceramente ha ricordato molto (e nell'intervista il Prof Coci ha confermato l'intuizione, per fortuna) il realismo magico di Gabriel Garcia Marquez. Quest'ultimo romanzo di Kobo, "Il quaderno canguro", scorre, scorre, e scorre... Davvero sembra di entrare a far parte del sogno di qualcuno, e se già ci si perde nei propri, figuriamoci in quello di un altro. Ma è un perdersi serio, questo, e divertente al tempo stesso.
A ogni modo, il "Il quaderno canguro" e "La donna di sabbia" non possono mancare fra le vostre letture.

Ecco a voi l'intervista registrata in trasferta, esattamente in uno studio medico. Perché la bella letteratura arriva ovunque :) 



Toni sotto: *
Toni sopra: ****
Una/due citazioni che ho trascritto sul mio diario: a) " Un forte interesse per ninnoli vari e cianfrusaglie con le quali abbellirsi, associato a una scarsa attenzione per la cultura e il sociale, è d'altra parte un chiaro sintomo di solitudine"; b) "La luna cade giù producendo uno strano tonfo. L'alba in arrivo tinge del colore della menta il cielo a oriente[...] L'unico ostacolo verso i nostri genitali è di natura mentale"; c) "Separarsi da un figlio è molto più difficile che separarsi da un genitore. In questo per esempio i canguri sono fortunati: per loro non esistono questioni come la devozione e l'amore per i genitori".

3. Il Prof. Gianluca Coci ha quel modo trascinante di spiegare le cose, che non puoi fare altro che seguirlo, riflettere mentre lo ascolti e intanto incamerare nozioni nuove che, come in circolo vizioso, finiscono con il generare altre riflessioni. Positivo e propositivo. Ci piace! Pare che presto tornerà con nuove bellissime traduzioni per noi lettori italiani, per cui restate sintonizzati.

mercoledì 30 agosto 2017

Rosso di sera con Paul Lynch

1. "Cielo rosso al mattino", di Paul Lynch, traduzione di Riccardo Michelucci, 66THand2ND, 2017, euro 17,00.
Per ulteriori dettagli clicca qui


2. Stasera, poco prima di connetterci per questa intervista, là fuori davvero il cielo era rosso, eppure le previsioni danno brutto per domani...
Della trama di questo romanzo si sa ormai quasi tutto, quindi posso solo confermare che è uno dei romanzi più belli che io abbia letto nel 2017. In Italia, lo si trova in libreria dallo scorso 18 maggio 2017, praticamente un regalo per il mio quarantesimo compleanno. Se penso al fatto che, come me, anche l'autore è nato nel 1977... Be', non posso che credere in una certa connessione fra me e tutto questo insieme che sono Paul Lynch stesso, la sua prima opera e la casa editrice italiana, che adoro.
A dispetto di ciò che ha affermato l'autore durante l'intervista, ho riscontrato una certa continuità nell'impiego di alcune tecniche narrative, quali l'uso ripetuto di immagini per fornire al lettore indizi, presagi che annunciano spesso una svolta nella trama, un colpo di scena, un'emozione non calcolata che lo colpirà.
Questa è una storia di emigrazione, di sofferenza, di forti legami con la propria terra. Un romanzo famigliare e una storia di separazione, perché a volte le storie famigliari sono anche questo - separazione. Forse più spesso di quanto si sia disposti a credere. La storia di "una terra danneggiata e colma di violenza". Un romanzo fatto di sogni, tanti sogni, e di nebbia, di frattaglie, carcasse, interiora e di sangue... rosso, come il cielo al mattino.
Non vedo l'ora che 66thand2nd dia alle stampe "Black Snow".

Vi chiedo scusa anche questa volta per il mio inglese, ma tant'è... Spero possiate godervi comunque la video-intervista - I apologize once again for my bad English, but I hope you can enjoy the video-interview anyway.




Toni sotto: (ci sto ancora pensando, ma non ne trovo)
Toni sopra: *****
Una citazione da trascrivere sul vostro diario: a) "Il tributo che si versa alla vita è il fardello del nostro stesso peso, e alcune persone stanno meglio se ne sono sollevate"; b) "Eccomi, mi chiamo Maurice, ho due palle e un uccello [...]". c) "Coyle [...] guardò il suo avversario negli occhi, ma nelle tenebre non c'era niente da vedere".

3. Paul Lynch dice di aver abbandonato ufficialmente il giornalismo per dedicarsi in toto alla carriera di scrittore. Parlandogli, si sente in maniera molto distinta la forza primitiva di questa sua consacrazione appassionata. Oltre che un bel ragazzo, è gentile, affabile, credo stia vivendo una fase della vita in cui non può che sentirsi pienamente soddisfatto.

martedì 11 luglio 2017

Viet Thanh Nguyen su paura e coraggio a La Milanesiana


"Il simpatizante", Viet Thanh Nguyen, Neri Pozza, 2016, traduzione di Luca Briasco, euro 18,00

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Il simpatizzante è un infiltrato "amerasiatico". Un agente in sonno di cui si sa ormai quasi tutto.
Un romanzo ricco di paranoia tipicamente americana, avvolto in una "cortina d'acqua amniotica" e spesso teso nello sforzo asiatico di rimanere gentile con gli occidentali, illeggibile di fronte alle loro offese. Un romanzo dove l'Occidente pare " ambiente naturale per gay" e si intuisce, forse, un rapporto di amore-odio con la vagina e con i costumi "sessualmente sospetti" dei supereroi.

Insomma, per il premio che ha portato a casa, di certo è da leggere (se non l'avete già letto).

Nel suo intervento a La Milanesiana (che vi ripropongo di seguito), ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, a proposito della paura e del coraggio ha fatto molto riferimento alla propria carriera di scrittore.

Questo il saluto del Pulitzer 2016 ai lettori SoTTOsOpra:

-- Quote

---------- Forwarded message ----------
From: Viet Thanh Nguyen
Date: 2017-01-24 9:40 GMT+01:00
Subject: Re: Interview Request: Viet Than Nguyen
To: 1TonoSOTToSoPRA Lifesawalk <maria.illenupi@gmail.com>

Dear Rafaello Fontanella,

Thanks for the invitation. I’m truly delighted my novel is being read in Italian and I’ve been following the reviews and tweets  that Italian readers have been posting. 

Unfortunately I don’t have time to do another interview. My apologies. I do so many interviews and other things I don’t have time to write, and I should make that a priority.

It’s been great to see the warm reception that my novel has received in Italy. Thanks to my Italian readers and the users of the 1TonoSOTTosOpra!


Best wishes,

Viet
---
Viet Thanh Nguyen 
Aerol Arnold Chair of English and
Professor of American Studies & Ethnicity 
University of Southern California

--- Unquote
Buona visione.

venerdì 30 giugno 2017

La prima volta di Guzel' Jachina

1. “Zuleika apre gli occhi”, G. Jachina, Salani Editore, traduzione di Claudia Zonghetti, 2016, euro 18.90
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Эксклюзивное интервью в Академии Бреры о романе Зулейха открывает глаза

2. Il primo colpo di fortuna in occasione di questa intervista, è stata la presenza dell’autrice tatara Guzel’ Jachina in Italia, per l’esattezza a Milano in occasione de La Milanesiana 2017 , lei che solitamente vive fra Kazan’ e Mosca. Il secondo colpo di fortuna è dato dalla sua editor, quell’altrettanto famigerata Elena Kostioukovitch, autrice di successo, traduttrice dall’italiano al russo di 12 titoli di Umberto Eco, di Ariosto e Manzoni, etc… Lei che fra migliaia di manoscritti ha individuato questo di cui parliamo oggi.
Ma veniamo a noi: la narrazione è in terza persona, la struttura è pressoché lineare (a eccezione di qualche analessi - inevitabile, vista la mole dell'opera -costruita in maniera perfetta), i personaggi sono migliaia, ma tutti ben introdotti e delineati di modo che, quando li incontra di nuovo, il lettore non sta lì a chiedersi di volta in volta chi sia l'uno e chi l'altro.
Zulejka la “gallina scema” apre gli occhi nel primo capitolo dal titolo “Un giorno”, sicché viene fuori che… "Un giorno Zulejka apre gli occhi...", un giorno come tanti o forse no, ma tanto basta ad avere l’impressione di assistere alla creazione divina di questa donnina minuscola e brutta, a cui tocca in sorte un destino avventuroso, come se non fossero sufficienti un marito come Murtaza (quel "brav’uomo" di Murtaza) che la bastona, la possiede con violenza, ma che l’ama, e una suocera come la “Vampira”, il cui soprannome dice già tutto.
Le prime cento pagine sono quasi un'introduzione a quanto sta per accadere, sono d'attesa, perché si capisce che tutti quei lamenti e cigolii, quegli spiritelli e quei sogni premonitori preludono qualcosa di più grande. E così Zuleika riaprirà gli occhi per la seconda volta, ancora circondata solo dal buio, ma per rinascere a vita nuova… e poi una terza volta... Deportata dai soldati del comandante-gentiluomo Ignatov, Zuleika comincerà un lungo viaggio. Se ci sarà ritorno (e che ritorno) lo scoprirete da soli.
Questa intervista è la mia prima esterna per il blog, per cui mi scuso in anticipo per i difetti derivati dall'inesperienza. Ecco cosa ci siamo detti con l'autrice e la sua editor all'orto botanico di Brera in Milano.

Un grazie particolare va all'Accademia delle Belle Arti di Brera.



- Il mio consiglio una lettura ideale per l'estate, per tutti coloro che vogliono indagare le ragioni del cuore nel pieno rispetto del classico romanzo russo, ma vuole anche scoprire un Paese di cui sappiamo ancora molto poco.
- Toni sotto: *
- Toni sopra: ****
- Alcuni estratti già ricopiati sul mio diario: a) "A qualcuno toccava solo un pizzico di vita come alle sue figlie, ad altri una manciata, altri ancora ne ricevevano con generosità, a sacchi, a granai interi come sua suocera. Ma la  morte aspetta tutti quanti, nascosta dentro a ognuno o appaiata al suo fianco; si strofina alle gambe come un gatto, si posa sui vestiti come la polvere, si infila nei polmoni come l'aria"; b) "I nostri sensi sono fatti per accendersi. E se non si accendono più, che ragione c'è di tenersi i carboni freddi?"; c) "Dalla cime del colle la vallata che si apre alle pendici sembra una gigantesca tovaglia bianca su cui la mano dell'Onnipotente ha cucito le perline degli alberi e i nastri delle strade. La carovana dei kulak deportati si staglia come un filo sottile di seta contro l'orizzonte, su cui ormai incombe il trionfo di un sole scarlatto appena sorto".


3. Guzel’ Jachina è una quarantenne minuta e carina, dal sorriso gentile. L'occhio vispo emana tutta la sua forza. Una donna sorprendente, dalle mille risorse, pronta a difendere a spada tratta il suo Paese. Evita di parlare di politica. Il cinema e la letteratura sono il suo mondo.

martedì 23 maggio 2017

Delfina Vezzoli racconta (in modo quasi classico) De Lillo & Brodkey, ma non solo.


Non tutti i lettori colgono il lavoro duro e certosino che si nasconde dietro una traduzione ben fatta.
E' per questo che ho ritenuto d'obbligo una chiacchierata con una delle maggiori esponenti del settore.

***

- Senti Sims, perché non te ne vai a casa? La musica non ti piace. Non voglio che tu ti senta obbligato.
- La musica va bene. E' musica.
- Non devi sentirti obbligato a portarmi in giro. Torna a casa. Io resto ancora un po', poi prendo un taxi.
[...]
- Dico sul serio torna a casa. Io sto bene. Questi ragazzi mi piacciono. E' roba tosta.
- E' musica nera.
- E' jazz tosto a ruota libera.
- E' musica nera. Ti piace per il motivo per cui vuoi che ti piaccia. Almeno per me è così.

***

Questo è un dialogo tratto dal Capitolo Terzo della III Parte di Underworld di Don De Lillo, tradotto da Delfina Vezzoli. Un capitolo analizzato durante un'intervento dello scrittore Davide Mosca presso La Libreria Volante di Lecco (non li ringrazierò mai abbastanza!).
Un capitolo che è un racconto sul jazz, scritto al ritmo di jazz.
Underworld è uno dei tanti romanzi tradotti dalla dott.ssa Vezzoli che ha un'aderenza contenuto-forma praticamente perfetta. Il testo ripropone un abbozzo di sinfonia. In esso De Lillo non descrivere qualcosa com'è, ma ci racconta come non è, rendendo lo stesso senso di discontinuità che percepiremmo ascoltando un cd jazz.
Niente è dato per scontato e tutto, schemi metrici e molte altre tecniche narrative, davvero tutto insomma è stato reso dalla traduttrice con la massima fedeltà.

Potrei ascoltare Delfina Vezzoli per ore.

Editor presso Bompiani per la narrativa anglo-americana, premio Zanichelli 2015 alle Giornate della traduzione letteraria di Urbino, traduttrice per vocazione, ha dato voce ai grandi della Beat Generation al Festival Internazionale dei Poeti, ci ha regalato l'opera intera di Anais Nin, si è battuta per la traduzione di Robert Pirsig scomparso da poco ("Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta"). Anche la versione italiana di "Ballo di famiglia" e "Matematico indiano" di David Leavitt sono opera di questa donna straordinaria. E ancora Harold Brodkey ("Storie in un modo quasi classico", "Questo buio feroce"), e Don DeLillo (Underworld) appunto, e Kurt Vonnegut (Ghiaccio Nove).

L’idea che mi sono fatto di Delfina Vezzoli è di una donna coraggiosa, precisa, passionale, a fount of knowledge, con un ruolo di primo piano nelle vicende editoriali come nella vita di molti lettori inconsapevoli.

Inutile aggiungere altro.

Vi lascio all’intervista nella certezza che vi appassionerete alle storie di questa donna straordinaria e al suo lavoro, che continuerete a navigare sul web per saperne di più, e che apprezzerete le opere degli autori da lei tradotti come mai prima.




martedì 2 maggio 2017

Facciamo che... Christian Mascheroni ci racconta la sua fiaba.

1. “C'era una svolta, 18 favole con un finale diverso”, AAVV, Quelli del sabato, 2016, euro 18.00
Per ulteriori informazioni sulla trama clicca qui

2. "Facciamo che invece" stiamo a vedere quale svolta possono prendere le storie...
"C'era una svolta" è un progetto meraviglioso e ben riuscito.
per reperire il volume ci vuole un po', ma solo così garantirete gli introiti al gruppo di Quelli del sabato. Quindi non esitate a contattarli (link sopra).
Gli autori sono tutti penne notevoli, c'è chi scrive solitamente per la TV, chi scrive narrativa, chi fa tutte e due le cose, e ci sono anche giornalisti, e ancora attori.
Con questa intervista ho concentrato l'attenzione su una fiaba in particolare, quella che mi ha sempre attirato di più quand'ero un pischelletto (e che mi attira ancora oggi). 
"Tutto quello che appare diverso è un successo benvenuto".
Parliamo di questo volume, come definirlo?, "favoloso" di certo, con Christian Mascheroni:



- Il mio consiglio : acquistatelo perché aiuterà i vostri figli a crescere. E non solo loro.
- Toni sotto: 
- Toni sopra: *****
- Alcuni estratti già ricopiati sul mio diario: "Sono una donna come tante altre. Come tante altre ho i miei peccati, le mie colpe".

3. Christian Mascheroni è sempre disponibile, loquace, gentile e sorridente. E' un'enciclopedia ambulante, una biblioteca tutta compressa in un cervello fine.